LA MEDITAZIONE DELLO YOGA: DHYANA

Questa strana parola DHYANA ci arriva dal sanscrito e la sua traduzione più prossima è “visione”, ma normalmente la troviamo tradotta come meditazione. Dalla sua radice deriva la parola CHAN in cinese, che poi in giapponese diventa ZEN, dunque sempre di meditazione si tratta.

La meditazione è di origine antichissima e, attraverso opportune pratiche, provoca uno stato di progressivo rilassamento mentale, favorendo la quiete, la stabilità e l’armonia interiore, nonché l’espansione della coscienza, fino a sperimentare il proprio sé più profondo e uno stato di fusione con l’assoluto. Non per nulla Dhyana precede l’ultimo stato dello yogin il Samadhi, cioè l’Illuminazione, il Risveglio.

Nel corso dei secoli la meditazione ha sempre rivestito un’importanza fondamentale e costituisce uno dei pilastri nelle varie tradizioni dello Yoga, così come nelle diverse scuole del buddismo. Nel mondo occidentale è stata tradizionalmente legata a rituali religiosi, al raccoglimento spirituale e viene, o veniva, chiamata contemplazione.

La meditazione è un’arte globale, olistica, in cui è coinvolto e di cui beneficia l’intero sistema di corpo-mente-spirito. Ovviamente, comporta anche benefici concreti nella vita personale, come la diminuzione dell’ansia, dello stress, delle tensioni mentali, portando a una condizione di vita più armonica ed equilibrata. Se praticata con regolarità porta alla soluzione di diversi disturbi psicosomatici ed è un buon sistema di prevenzione, poiché uno stato di equilibrio e di armonia impedisce alle malattie di svilupparsi.

Nella tradizione sia buddista che induista, la meditazione è sempre stata considerata un infallibile rimedio al dolore e all’infelicità umana, un mezzo per ottenere il benessere del corpo, la pace della mente e la beatitudine dello spirito. Queste intuizioni millenarie vengono oggi confermate da innumerevoli ricerche scientifiche, condotte in molti paesi del mondo nel corso di anni di studi e con l’ausilio dei moderni mezzi di rilevamento diagnostico.

Si è potuto così dimostrare che durante la meditazione c’è un rallentamento delle funzioni corporee e dei processi metabolici; il rallentamento del ritmo respiratorio, con riduzione del consumo di ossigeno e del fabbisogno energetico, comporta un abbassamento della pressione arteriosa e un rilassamento progressivo di tutto il corpo. Si producono variazioni elettrofisiologiche del sistema psicosomatico, come l’induzione nel cervello di onde Alfa (caratteristiche dello stato di rilassamento) e, negli stati più profondi, di onde Theta, quelle tipiche dei primi stadi del sonno e dell’infanzia, con sincronizzazione tra i due emisferi cerebrali.

L’approccio di tipo salutistico che l’occidentale mette in atto nei confronti di questa disciplina e dello yoga in generale, risulta essere molto lontano dagli obiettivi più alti che la Meditazione si propone e che portano alla Conoscenza, intesa come Gnosi, di sè.

La pratica considerata più “produttiva” dalla maggior parte dei maestri è quella che sviluppa il “vairagya” o distacco. Questa, che sviluppa la capacità di contemplare il proprio mentale, senza venirne coinvolti, è reputata la via della Conoscenza.

Per concludere, siete tutti invitati a venire a provare questa non-attività, dato che si tratta di non fare assolutamente nulla, ma semplicemente di essere.